Nel 2025 l’Italia ha visto un brusco rallentamento nello sviluppo delle energie rinnovabili. Secondo i dati raccolti nel primo semestre dell’anno, le nuove installazioni di impianti fotovoltaici ed eolici sono diminuite di oltre il 25% rispetto allo stesso periodo del 2024. Un dato allarmante che rischia di compromettere non solo gli obiettivi climatici e ambientali del Paese, ma anche il portafoglio di famiglie e imprese.
Le cause di questa frenata sono da ricercare principalmente nei colli di bottiglia autorizzativi che portano la burocrazia a imporre tempi incompatibili con un corretto sviluppo industriale del settore. Gli iter per la connessione degli impianti alla rete elettrica nazionale, i pareri della Commissione VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) e, soprattutto, i tempi lunghissimi richiesti dalle Regioni per il rilascio delle autorizzazioni, stanno bloccando lo sviluppo del comparto, proprio in un momento in cui sarebbe fondamentale accelerare.
Molti progetti, pur essendo tecnicamente validi e finanziariamente sostenibili, restano impantanati mediamente per oltre cinque anni (contro i due previsti) in procedure frammentate e spesso ridondanti.
A livello regionale, la mancanza di risorse negli uffici tecnici e l’assenza di linee guida unificate, in attesa dell’esito del contenzioso sul DM Aree Idonee, contribuiscono a rallentare ulteriormente un processo che dovrebbe essere invece rapido e trasparente. Il risultato è un clima di incertezza che scoraggia gli investimenti e frena l’innovazione.
Il rallentamento delle rinnovabili non è solo un problema ambientale o climatico; è, prima di tutto, un danno economico. Le fonti rinnovabili, infatti, hanno costi di produzione significativamente più bassi rispetto alle centrali a gas. Quando la generazione da fotovoltaico ed eolico è alta, il prezzo dell’energia sul mercato all’ingrosso scende, con benefici diretti per le bollette di famiglie e imprese. Al contrario, un sistema che continua a dipendere in larga parte dal gas naturale (spesso importato) espone il Paese a oscillazioni dei prezzi internazionali e a una maggiore vulnerabilità geopolitica.
In questo contesto ritardare la transizione energetica significa perpetuare un modello più costoso e meno sostenibile. Secondo uno studio di REF-E, ogni 10 TWh di energia prodotta da rinnovabili possono comportare un risparmio cumulativo di centinaia di milioni di euro per il sistema elettrico nazionale. Eppure, nel 2025, l’Italia rischia di non raggiungere nemmeno i target minimi fissati dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), che già sono stati giudicati poco ambiziosi dalla Commissione Europea.
È il paradosso italiano: un Paese con un potenziale enorme in termini di irraggiamento solare e di ventosità, ma che si ostina a complicare il cammino delle rinnovabili. Mentre altri Stati, dalla Spagna alla Germania, stanno accelerando con processi autorizzativi semplificati e investimenti strutturali, l’Italia appare impantanata in una burocrazia che non riesce a stare al passo con le sfide del presente.
In molte regioni italiane i progetti per impianti fotovoltaici a terra sono fermi da anni per mancanza di pianificazione territoriale. Nel settore eolico, invece, la situazione è ancora più complessa: servono pareri multipli e spesso in conflitto tra loro, mentre si registra un’accettabilità sociale superiore al 90% da parte delle comunità locali.
In parallelo, nel 2025, il Governo ha deciso di investire 7,5 milioni di euro in una campagna di comunicazione sul nucleare, riaprendo un dibattito che in Italia era rimasto sopito per anni dopo il referendum del 2011. Una scelta legittima, persino opportuna, visto che la neutralità tecnologica e la sicurezza energetica richiedono di valutare tutte le opzioni ed è necessario informare la popolazione sui temi così rilevanti per il futuro.
Tuttavia, affinché questa comunicazione sia utile e non si trasformi in propaganda, è fondamentale che venga fondata su basi scientificamente inattaccabili. Serve quindi un comitato scientifico super partes, composto da esperti indipendenti, che garantisca l’accuratezza delle informazioni diffuse. Allo stesso tempo sarebbe auspicabile che la campagna non si limiti al solo nucleare, ma abbracci tutte le tecnologie energetiche, comprese le rinnovabili, e che abbia un approccio laico.
Solo con un’informazione comparativa, completa e trasparente, i cittadini potranno formarsi un’opinione consapevole e partecipare attivamente alle scelte strategiche del Paese in ambito energetico.
L’Italia non può permettersi ulteriori rallentamenti. La transizione energetica è una priorità economica, sociale e ambientale. Le rinnovabili non sono solo una risposta alla crisi climatica, ma un’occasione concreta per ridurre i costi dell’energia, creare occupazione e rafforzare l’autonomia strategica nazionale.
Per sbloccare il potenziale del settore servono riforme coraggiose: semplificazione normativa, digitalizzazione dei processi autorizzativi, chiarezza nelle competenze tra Stato e Regioni, potenziamento degli uffici preposti al rilascio dei titoli.
Ma serve anche una visione. Una visione che metta al centro l’interesse collettivo, la trasparenza e il diritto dei cittadini ad accedere a un’energia pulita, economica e sostenibile. n