I tempi che la burocrazia italiana consegna alla volontà politica e imprenditoriale sono il punto centrale sul quale l’opera di semplificazione che il ministro per la P.A. Zangrillo sta predisponendo dovrà concentrarsi.
Teniamo presente che gli obiettivi del Piano nazionale integrato energia e clima, nonostante l’inserimento utopico di produzione di elettrica da nucleare al 2035, sono importanti in termini di aumento di generazione da fonti rinnovabili e congrui rispetto al percorso di decarbonizzazione che il nostro Paese deve raggiungere entro metà del secolo.
In questa direzione semplificare è importante e in parte è stato fatto ma molto ancora si dovrà portare avanti!
Ad esempio, centrali sono i tempi che gli apparati burocratici statali e regionali impiegano per processare le pratiche e per dare risposte agli imprenditori. Qui si potrebbe intervenire con meccanismi di organizzazione più efficiente.
È chiaro che l’ottimizzazione dei processi da sola non potrebbe risolvere a pieno la criticità esistente ma è la base sulla quale procedere aumentando le risorse sia in termini quantitativi sia in termini qualitativi; aspetto a volte difficile da comprendere da parte della politica.
Parlare di semplificazioni significa trovare anche le necessarie risorse economiche a sostegno del cambiamento nelle strutture che oggi faticano a processare la mole di progetti per le valutazioni ambientali e questo vale per le conferenze dei servizi.
Aspetti recentemente rilanciati, tra gli altri, dal presidente della Commissione tecnica Pnrr-Pniec Massimiliano Atelli, per il quale si possono individuare, a pieni organici operativi, dei criteri di selezione delle iniziative che possano rendere ai valutatori la vita più semplice, selezionando i procedimenti che statisticamente sembrano in partenza poter avere maggiore possibilità di raggiungere l’esito positivo.
Questa proposta, estremamente concreta, reca tuttavia alcuni fattori di rischio che andrebbero valutati: innanzitutto, l’idea di valutare la solidità del proponente e la dimensione del progetto può essere un’arma a doppio taglio visto che le dimensioni della società proponente garantiscono una capacità finanziaria importante a supporto dell’iniziativa ma non sempre un’analoga percentuale di iniziative andate a buon fine. Tra l’altro, sempre più spesso i grandi gruppi delegano lo sviluppo delle iniziative e l’ottenimento dei permessi ambientali a società di sviluppo con le quali, preventivamente, sottoscrivono accordi per l’acquisizione dei progetti nella fase più utile.
Altro aspetto da valutare è la legittima aspettativa di tutti gli operatori nel vedere analizzati i propri progetti secondo l’ordine cronologico di presentazione. Infine, si deve ricordare come più che le dimensioni del progetto, il suo costo o la solidità del soggetto proponente, elemento di garanzia rispetto al buon esito della procedura dovrebbe essere una valutazione qualitativa dell’iniziativa, cosa difficile da fare in maniera esclusivamente preventiva.
A questo punto, per non rischiare di allungare ulteriormente i tempi delle autorizzazioni, si potrebbero creare delle specifiche categorie di interventi, come il repowering degli impianti o i siti più grandi, affidate a sottocommissioni che non debbano poi ripassare dalla primaria per poter rilasciare i pareri o i provvedimenti conclusivi di valutazione.
Certo, il tema è estremamente stimolante e importante per il buon esito di quell’impegno di decarbonizzazione che il nostro governo ha assunto e che l’industria nazionale sta cercando di soddisfare.