Back to Home

LA TELA DI PENELOPE E GLI INTERESSI ANTI-RINNOVABILI

Segnali molto discordanti si alternano nel nostro Paese rispetto allo sviluppo delle tecnologie pulite.

Se da un lato, infatti, il Governo italiano ha ribadito nell’ambito del G7 appena concluso la volontà di raggiungere e addirittura aumentare gli obiettivi di decarbonizzazione attualmente vigenti; dall’altro continua un ritardo nel rilascio delle autorizzazioni tale da far pensare che i target non possano essere raggiunti.

Senza un cambio di passo importante, profondo e in tempi molto rapidi nessun traguardo potrà essere raggiunto, tantomeno nei tempi auspicati a livello comunitario.

Se ci si aggiunge che vi sono azioni da parte di alcune Regioni, Sardegna in primis, che bloccano lo sviluppo delle rinnovabili con provvedimenti assolutamente fuori dal buon senso e dalle normative vigenti, si capisce come vi sia una distanza tra le dichiarazioni e le azioni.

Infine, le Sovrintendenze stanno attivando azioni volte all’istituzione di aree di interesse nazionale paesaggistico in tutti i luoghi in cui insistono gli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile.

L’insieme di queste attività così contrastanti tra loro blocca lo sviluppo delle rinnovabili e riduce significativamente l’attrattività del nostro Paese per gli investitori nazionali ed esteri. A chi giova tutto ciò? Una situazione così ingarbugliata tra competenze nazionali e regionali, tra organi dello Stato differenti, fa il gioco di chi vuol mantenere lo status quo.

La transizione, infatti, per sua natura porta il passaggio da un sistema produttivo basato sulle fonti fossili a uno basato sulle fonti rinnovabili; questo, ovviamente, deve avvenire sulla base di considerazioni di opportunità economica, ambientale e geopolitica ma bloccare tale percorso significa mantenere un sistema basato sui consumi di fossili il più a lungo possibile.

C’è evidentemente un interesse anti-rinnovabili che, con capacità e forza, sta bloccando lo sviluppo delle fonti pulite con quella che potrebbe addirittura sembrare una regia.

Questa situazione non fa altro che appesantire un ritardo accumulato in questi anni che rischia seriamente di non essere più recuperabile. Inoltre, rende completamente inefficace lo sviluppo di nuove iniziative che moltissime aziende italiane ed estere stanno portando avanti e rischia seriamente di far definitivamente allontanare le imprese, con grave danno per l’industria.

Ricordiamo che la prevalenza di tecnologia cinese nel settore delle rinnovabili, su cui ci sono state recenti polemiche, dipende sostanzialmente da due fattori: il primo è relativo ai costi di produzione industriali nel Vecchio Continente rispetto alla Cina; il secondo riguarda le politiche di sostegno che l’Europa e l’Italia, in particolare, non hanno saputo mettere in campo per dare continuità allo sviluppo industriale di queste tecnologie.

Non dimentichiamo che per le rinnovabili elettriche continuiamo da decenni a dover lottare per avere un sistema di sostegno stabile e duraturo nel tempo, nonostante questo settore assicuri crescita industriale e occupazionale, riduzione dei costi in bolletta e sicurezza degli approvvigionamenti.

Proprio per tutti questi motivi risulta incomprensibile come la politica non abbia la capacità di intraprendere la strada corretta per il bene comune e non quello di qualche azienda.

Un giorno ci arriveremo, senza dubbio, sperando tuttavia che questo percorso così lungo e tortuoso non giunga fuori tempo massimo.

Ora concentriamoci sulla definizione dei nuovi obiettivi e sulla conseguente emanazione del nuovo Piano nazionale integrato energia clima che l’Italia ha dovuto riaggiornare.

La speranza è sempre quella di riuscire in tempi rapidi a poter rimuovere tutti gli ostacoli che oggi rallentano la crescita del settore e avere un processo di crescita strutturata e duratura che consenta ulteriore efficienza per il sistema Italia.