Perché nel nostro Paese non si riescono a sviluppare le rinnovabili attuando meccanismi virtuosi di semplificazione? Quegli stessi meccanismi che in passato sono stati utilizzati con risultati positivi per altre tecnologie e per altri tipi di interventi infrastrutturali.
È questa la domanda dalla quale dobbiamo partire per dare risposte concrete e superare l’attuale stato di impasse nel quale sono finite le fonti pulite.
Certo, oggi gli elementi a favore di un significativo sviluppo delle rinnovabili remano nella stessa direzione: consentire ai progetti che garantiscono la riduzione delle emissioni (o addirittura l’annullamento) tempi certi e procedure trasparenti.
Decarbonizzare il sistema industriale, prima ancora che quello elettrico, è l’obiettivo verso il quale si deve tendere e sarà indispensabile un’elettrificazione profonda dei consumi, alimentati solo da energia generata con fonti rinnovabili.
Per questo motivo molti soggetti si battono da anni in favore di questo processo di decarbonizzazione, purtroppo sempre più complesso e osteggiato dal sistema tradizionale: quale sia il motivo per il quale la vecchia industria italiana poggi ancora sullo sfruttamento delle fonti fossili è un mistero che creerà un significativo problema al nostro Paese.
Oggi riconvertirsi nella direzione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica non è soltanto auspicabile ma necessario, poiché solo queste tecnologie riescono a garantire riduzione delle emissioni, aumento dell’occupazione, rafforzamento dei presidi industriali nazionali e riduzione dei costi.
Non c’è alcun motivo per rallentare questa transizione energetica e la politica deve dare un forte impulso alle aziende di Stato in questa direzione, garantendo loro una transizione occupazionale che segua quella ambientale.
Lo sviluppo importante delle rinnovabili, tra l’altro, garantirà nel medio periodo una riduzione significativa dei costi energetici in tutto il Paese.
Se, infatti, il fotovoltaico può essere sfruttato in tutta la Penisola con quasi gli stessi rendimenti, l’idroelettrico al Nord e l’eolico al Sud consentono all’Italia di avere un potenziale significativo in quasi tutte le regioni.
È evidente che una grande crescita delle rinnovabili in un’area specifica comporterà per quella regione delle riduzioni significativi di prezzi dell’energia elettrica e questo, nel medio periodo, attirerà anche l’insediamento di industrie ad alto consumo.
Questo processo potrebbe sviluppare un circolo virtuoso che, affiancando le fonti rinnovabili più efficienti (quali eolico e fotovoltaico) alla crescita di un’industria pesante ed energivora nelle aree a maggiore vocazione FER, potrebbe comportare un positivo effetto di rilancio delle terre oggi meno sviluppate e con maggiori problemi occupazionali.
In conclusione possiamo dire che la crescita della nazione passa inevitabilmente da una significativa semplificazione delle procedure autorizzative alle fonti rinnovabili.
È arrivato il momento di decidere da che parte stare e quale idea del futuro si abbia, anche perché ci sono molte resistenze nel mondo della rappresentanza associativa che, seguendo una visione miope e retrograda, rischiano di compromettere quella decarbonizzazione che tanto potrebbe dare al nostro Paese.
Avere una rappresentanza associativa dei settori che dovranno guidare questa transizione è indispensabile e l’attacco che si sta vivendo, invece, fa temere per questa naturale e democratica possibilità.
L’attuale Esecutivo sta lavorando bene nella direzione della semplificazione ma molto ancora deve fare per garantire la crescita del comparto emergente e delle nuove tecnologie.
Serve lucidità nel capire che difendere una visione solida di crescita industriale è un qualcosa di indispensabile per raggiungere gli obiettivi che l’Italia si è data nel Piano nazionale integrato energia e clima.
Parliamo di target che fanno parte di un percorso condiviso a livello europeo per il raggiungimento della neutralità carbonica entro il 2050.