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UNA TRANSIZIONE EFFICIENTE PORTERÀ IMPORTANTI BENEFICI AL PAESE

Compiere una transizione energetica sostenibile e duratura è uno degli obiettivi centrali che devono essere raggiunti.

Ciò non solo garantendo energia pulita ma creando anche una filiera industriale nazionale utile a intercettarne ritorni economici e industriali, sia nella fase di realizzazione degli impianti sia negli anni a venire, con i processi di manutenzione degli stessi.

Elemento fondamentale è certamente un quadro normativo, regolatorio ed economico tale da consentire ingenti investimenti di lungo periodo, sia da parte delle imprese italiane, molto attive nello sviluppo di impianti FER, sia attraendo capitali esteri di realtà attente a venire in Paesi nei quali vi sia la possibilità di investire con regole certe e una visione di medio lungo periodo.

Per questo motivo, negli ultimi anni, la mancanza di un quadro certo di aste di sostegno allo sviluppo delle rinnovabili ha fatto sì che non vi fosse una grande quantità di aziende straniere interessate al mercato italiano e questo anche perché, oltre a non avere certezza delle prossime procedure competitive, vi era un livello di prezzo talmente basso da non rendere attrattive le tariffe indicate dal decreto ministeriale e poste dal GSE a base di asta e registro.

Dopo molti anni gli operatori e soprattutto le associazioni, tra queste l’ANEV, hanno finalmente ottenuto che venisse adeguato almeno all’inflazione il valore economico posto alla base d’asta delle procedure competitive.

I risultati incoraggianti di questa procedura d’asta dovrebbero dimostrare come, con segnali di prezzo corretti e adeguati al costo delle tecnologie, esistano progetti eolici e fotovoltaici per raggiungere la transizione energetica nei tempi del Pniec.

D’altronde, con un prezzo dell’energia ben oltre 125 euro a megawattora, aggiudicare delle aste a un prezzo inferiore del trenta per cento sarebbe comunque una grande iniezione di fiducia per garantire prezzi dell’energia stabili e bassi per i prossimi vent’anni e di questo il nostro governo dovrà rendersi conto.

In particolare, l’Esecutivo dovrà spingere in ogni modo affinché si vada a stabilizzare il costo dell’energia elettrica in borsa, con vantaggi innanzitutto per i clienti finali domestici e poi per quelli industriali, che già hanno degli importanti benefici per evitare che le oscillazioni del costo dell’energia influiscano troppo sui costi di produzione dei beni generati.

Eolico e fotovoltaico, tra l’altro, stanno finalmente iniziando a veder crescere il numero delle autorizzazioni ambientali concluse, anche se ancora con un ritmo non sufficiente. Se questa ascesa continuerà anche nei prossimi anni potremo raggiungere finalmente quel numero minimo necessario di 1,5 GW/anno di nuovi impianti che serve per dare risposte necessarie a combattere i mutamenti climatici e l’inquinamento atmosferico.

Questi risultati in termini di aumento delle autorizzazioni ambientali rilasciate, che dovrebbero trasformarsi in autorizzazioni complete, se manterranno o, come auspicabile, aumenteranno il tasso di successo in linea con gli obiettivi assunti, fanno ben sperare anche in ottica dell’aumento dell’indipendenza energetica del Paese e di stabilizzazione, ma diremmo anche riduzione, dei costi elettrici nel mercato all’ingrosso.

Se, infatti, l’aumento del numero di progetti rinnovabili aumenta, è necessario rendere tale offerta utile al sistema allargando il quadro dei meccanismi di sostegno e stabilizzazione del prezzo tramite strumenti adeguati.

I “power purchase agreement” (PPA), pubblici o privati, dovranno fornire a tal riguardo adeguata offerta agli operatori onde evitare che questi, come stanno facendo, vadano a mercato e si perda il valore aggiunto delle FER nello stabilizzare il prezzo dell’energia elettrica.

Se a un operatore industriale, come è successo negli ultimi anni, si propone un contratto a due vie (cioè con un prezzo fisso), per venti anni, non indicizzato all’inflazione e inferiore del 50% del valore dell’elettricità nel mercato all’ingrosso, il risultato è che pochissimi progetti popolino le aste del GSE.

Già solo l’incremento della tariffa a base d’asta con l’adeguamento all’inflazione ha portato a una procedura, l’ultima conclusa il 17 novembre, molto più popolata di quelle precedenti.

Per il futuro, quindi, si rende necessario rendere questo meccanismo automatico: adeguare la tariffa ai costi effettivamente sostenuti per la tecnologia e per la gestione dell’impianto è un criterio sano e serio che garantisce al sistema di pagare il giusto l’energia e all’operatore di non restare spiazzato nell’investimento.

Questo principio, che nel nuovo Decreto “FERX” dovrebbe essere previsto, andrebbe esteso, almeno per l’adeguamento dei costi della gestione e manutenzione degli impianti, anche ai vecchi contratti onde evitare che escano dalle convezioni GSE attive oggi per andare a prendere i prezzi di borsa, con un effetto negativo sui costi generali dell’elettricità in Italia.

In conclusione, il sistema sembra si stia rimettendo in cammino con una certa difficoltà ma con volontà. Se tutte le parti si uniranno nell’intento di raggiungere gli obiettivi prefissati anche l’Italia potrà recuperare il tempo perduto e tagliare il traguardo della decarbonizzazione del sistema elettrico, anche prima di quanto ipotizzato.