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UN NUOVO PIANO ENERGETICO PER LO SVILUPPO DEL PAESE

Il quadro politico internazionale è tra i più complessi degli ultimi anni. La guerra russo-ucraina e le conseguenti tensioni con la Cina generano ripercussioni significative sull’Occidente che rischiano di durare ancora per molto tempo.

Nel frattempo uno dei primi contraccolpi della crisi internazionale è arrivato sulle materie prime che hanno subito un significativo aumento, determinando un quadro di assoluta instabilità e la definizione di nuovi equilibri che rischiano di aumentare ulteriormente le tensioni a livello internazionale.

In questo scenario geopolitico si inserisce una sempre più urgente presa di coscienza dei principali Paesi mondiali sull’urgenza relativa ai mutamenti climatici in essere. Basti pensare al numero crescente di migranti climatici che invadono le zone più riparate per fuggire dalle aree assoggettate alle catastrofiche conseguenze dei mutamenti climatici.

Questi aspetti devono essere valutati attentamente e considerati ai fini di quella che sarà l’evoluzione politica nella gestione del rischio.

In questa fase storica la tendenza politica europea sta spostando l’equilibrio verso Governi più scettici rispetto a tali temi, seppur non più negazionisti, ma certamente freddi rispetto alla transizione ecologica; ne sia l’esempio la recente decisione di posticipare la chiusura della produzione di motori endotermici.

A questa tendenza si contrappone invece quanto sta accadendo negli Stati Uniti, dove la barra si è riorientata su politiche di transizione energetica e alla lotta ai mutamenti climatici.

L’orientamento dei governi è evidentemente significativo per cercare di capire quali saranno le strategie attuate in futuro, anche se i programmi elettorali su questi temi incidono ancora poco nelle scelte di voto degli elettori.

Se, infatti, storicamente il centro-destra ha sempre avuto un approccio più orientato a considerare le fossili come fonti necessarie a gestire il processo di transizione di medio-lungo periodo verso le rinnovabili, il centro-sinistra ha sempre spinto maggiormente per una transizione energetica più veloce, seppur scontrandosi con le resistenze dell’industria fossile.

Bisogna anche dire che spesso, a queste dichiarazioni d’intenti, da una parte e dell’altra, non sono corrisposto politiche energetiche adeguatamente efficaci per trasformare le dichiarazioni in politiche concrete. I temi legati alla transizione energetica sono tuttavia talmente guidati da evidenze tecnologiche e scientifiche che anche le recenti posizioni assunte a livello europeo, rispetto alle tempistiche necessarie al blocco dei motori endotermici oppure all’allungamento dei processi di decarbonizzazione delle produzioni elettriche, risultano anacronistici in quanto il mercato ha già scelto e tali soluzioni tecnologiche stanno già vincendo per efficienza ed economicità.

Al massimo vedremo un rallentamento delle tempistiche necessaria ma non certo un blocco o un cambio di rotta. Un allentamento della direttiva europea per l’introduzione della nuova Euro 7 per i veicoli endotermici, ritenuta da alcuni Paesi, tra i quali l’Italia, troppo sfidante, potrà pure vedere un ripensamento su tali limiti di emissione e renderli più generosi ma, nel frattempo, nessuna casa produrrà tali veicoli endotermici perché, semplicemente, la domanda sarà completamente sull’elettrico grazie agli indubbi vantaggi che questa tecnologia, già oggi, offre.

Analogamente, per quanto riguarda le emissioni legate alla produzione di energia elettrica, anche il voler spingere verso il gas come fonte per la transizione non servirà a generare più energia elettrica con tale fonte ma allungherà di poco la conclusione della totale transizione alle rinnovabili, oggi già disponibili, economiche e sicure.

Interessante, a tal riguardo, è l’avvio di offerte commerciali di lungo periodo a prezzo fisso che le prime utility stanno predisponendo e che di fatto legano la fornitura elettrica alla produzione da rinnovabili che garantiscono, oltre al beneficio ambientale, anche quello economico di un prezzo fisso e soprattutto basso.

In questo contesto si comprende bene come tali tecnologie abbiano già vinto e che quindi si tratti solo di capire quanto le resistenze del vecchio mondo fossile riusciranno a condizionare i governi per ritardare un processo oramai avviato e che non si fermerà.

Alla luce di queste considerazioni non si comprende come il nostro Esecutivo non veda in questo un’importante opportunità, cioè quella di guidare, indirizzandola, una transizione ecologica indispensabile e alla portata di mano. Tra l’altro l’accelerazione della tecnologia, insieme alla drammatica situazione internazionale, hanno reso molto più vicino il punto di maturità di queste soluzioni, rendendo a portata di mandato elettorale la tempistica di una “rivoluzione pulita”.

È un tema, quello energetico, difficile da comprendere e nel quale, onestamente, questo Parlamento ha meno competenze di quelli passati ma, comunque, è necessario che il Presidente del Consiglio e il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica presidino attivamente tali argomenti e orientino le politiche energetiche verso una nuova era che metta al centro la sicurezza degli approvvigionamenti, l’indipendenza energetica, l’ambiente e il costo dell’energia elettrica.

Per fare questo è indispensabile che venga velocemente varato il nuovo Piano Nazionale Integrato Energia e Clima, acronimo al quale andrebbe aggiunta la Sicurezza Energetica (PNISEC). Un piano che, declinando gli obiettivi settoriali, dia una visione di medio e lungo periodo, guidi le scelte industriali del Paese e concili produzioni e infrastrutturazione della rete. Tuttavia, il cambio epocale lo avremo solo se a questo piano corrispondano poi adeguati strumenti per raggiungere gli obiettivi indicati ed è su questo che si combatterà la battaglia decisiva per misurare l’efficacia dell’azione di  Governo.