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TENTE PAROLE E POCHISSIMI FATTI

In tema di energia il Governo Draghi ha dimostrato un’assoluta distanza tra le dichiarazioni a favore della transizione ecologica e le azioni a favore di essa.

I partiti che in campagna elettorale avevano posto al centro delle loro idee la conversione in senso rinnovabile della produzione elettrica del nostro Paese, inoltre, hanno subìto un’azione di costante ritardo nello sviluppo delle tecnologie pulite, senza mai alzare la voce, in pieno contrasto con i loro programmi.

In questi anni abbiamo visto come l’Esecutivo si sia tempestivamente speso a favore dei signori delle fossili e, in particolare, a tutela del settore gas, sia per quanto riguarda l’importazione sia per quanto riguarda la produzione, individuando questa fonte come elemento di transizione verso la decarbonizzazione del sistema produttivo elettrico italiano.

Una scelta che all’epoca bollammo, tra i pochissimi a farlo, come retrograda, poco lungimirante e sbagliata. L’aver da sempre manifestato una posizione contraria a questa opzione energetica ci fa dire oggi, come allora, che il gas non può e non deve essere considerato una fonte di transizione.

Infatti, questa soluzione ha le stesse criticità di altre fonti fossili, ben più inquinanti. Le dinamiche di prezzo del gas, del petrolio e in parte del carbone sono legate tra loro da un mercato sostanzialmente unico che vede queste fonti muoversi in termini di prezzi in maniera storicamente correlata.

Inoltre, il gas non consente una riduzione significativa delle emissioni climalteranti essendo essa stessa una fonte fossile e quindi emanando, nella produzione di energia, grandi quantitativi di CO2 e altri inquinanti.

Il gas non risolve neanche la questione dell’indipendenza energetica, lasciandoci ostaggio dei Paesi esportatori che, uno per l’altro, non possono dare garanzia di stabilità, come stiamo sperimentando in questi giorni.

Le uniche fonti endogene e democratiche sono quelle rinnovabili che possono garantire al 100% l’indipendenza del Paese che le usa.

Oggi ci troviamo in mezzo a una crisi energetica profonda e complicata che deriva dalla scelta di puntare tutto sul gas e di non spingere verso le rinnovabili; decisione che ha fatto rallentare lo sviluppo delle FER, il cui sfruttamento è stato ritenuto utile in un secondo momento del percorso della transizione ecologica.

L’attuale situazione di crisi energetica mondiale sta mettendo a nudo l’errore prospettico che i nostri governanti hanno fatto e soprattutto il perseverare che gli stessi stanno avendo nel perseguire delle politiche di difesa del gas, invece di accelerare finalmente sulle fonti rinnovabili.

Basti ricordare che fin dal suo insediamento il Ministro Cingolani dichiarava: “La transizione verso le rinnovabili passa dal gas e poi tocca alla fusione nucleare”. Ancora: “La transizione ecologica? Un bagno di sangue”. Dichiarazioni che denotano innanzitutto una propensione conservatrice rispetto alla transizione ecologica (nome del suo dicastero…) e soprattutto due clamorosi errori di valutazione che ci hanno portato nella situazione nella quale siamo.

Oggi tutti sanno che il costo della bolletta è colpa del gas (tanto che si sta pensando di fare dei mercati solo per le rinnovabili per abbassare i prezzi) e che puntare sul gas è stato l’errore peggiore degli ultimi anni.

Processi analoghi si stanno portando avanti sulla mobilità dove, invece di puntare sulle tecnologie innovative vincenti, ci si arrocca a difendere tecnologie oramai insensate, antieconomiche e inquinanti, come i motori endotermici.

Curioso poi che la crisi del Governo Draghi arrivi sul tema del termovalorizzatore di Roma, quindi sempre su un aspetto energetico e ambientale, quando questi argomenti sono sempre stati laterali nell’azione dell’Esecutivo e non ci si è mai concentrati veramente sugli aspetti centrali di questa transizione.

I tempi burocratici e amministrativi sono il problema centrale che ogni Governo dovrebbe affrontare per poter sbloccare il processo di ammodernamento infrastrutturale del Paese.

È evidente all’occhio di chiunque metta piede nella nostra Italia l’arretramento infrastrutturale e dei servizi che stiamo vivendo, con la necessità di un profondo e mirato intervento di semplificazione che consenta, liberalizzando i servizi ed eliminando la burocrazia, la realizzazione di quelle infrastrutture necessarie a rendere questo nostro Paese moderno e al passo coi tempi.

Non è più accettabile che per realizzare delle iniziative di sviluppo della produzione di energia si debbano aspettare anni, magari solo per sapere se il proprio progetto sia in linea con quelle che sono le norme vigenti, e che si arrivi quasi sempre a dover avere ragione di un diniego di una Soprintendenza soltanto dopo alcuni gradi di giudizio e grazie a un tribunale.

Se non si cambierà in tempi rapidissimi questo approccio il nostro è un Paese destinato a morire lentamente e a non reggere il passo e il confronto con i nostri competitor europei più vicini. Che i nostri governanti presenti e soprattutto futuri comprendano che da qui si deve partire, altrimenti avremo perso l’ennesima occasione di rilancio.