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CAMBIARE LE POLITICHE O I POLITICI?

I sempre più violenti eventi climatici catastrofici che si ripetono con allarmante frequenza dovrebbero dare maggior spinta all’attuazione di quelle norme, definite al livello internazionale da esperti del settore, che potrebbero consentire di ridurre le emissioni e iniziare a porre rimedio a un fenomeno sempre più evidente e preoccupante.

L’immobilismo dei Governi rispetto a temi che, seppur molto complicati, sono oramai di assoluta condivisione da parte di tutta la comunità scientifica, fa pensare che, nonostante il numero crescente di tragedie dovute a episodi straordinari di carattere atmosferico e climatico, questo argomento non sia ancora assimilato come emergenza dai nostri governanti.

Combattere i mutamenti climatici significa ridurre le parti di CO2 in atmosfera tramite un abbattimento sensibile della produzione elettrica da fossile e facendo ricorso sempre più spinto alla generazione da fonte rinnovabile.

Purtroppo, però, in questi ultimi tempi stiamo assistendo a una campagna di disinformazione contro queste tecnologie pulite che mira, in un momento cruciale di scelte prospettiche da parte dei nostri governanti, a orientare tali decisioni verso una transizione “soft” e un utilizzo del gas come fonte di transizione.

Questo approccio rischia seriamente di allontanare ancora la data del raggiungimento della neutralità carbonica, con le gravi conseguenze per il clima che possiamo immaginare. L’obiettivo sembra quello di allontanare l’utilizzo delle fonti pulite, denigrando tecnologicamente le loro capacità, in modo tale da diffondere nella popolazione uno scetticismo con conseguente risultato di mantenere la grande parte del consumo verso le fossili.

È evidente a tutti, invece, come si debba agire urgentemente mettendo in campo tutte le capacità di cui disponiamo per velocizzare quello che è oggi il Piano nazionale integrato energia clima (PNIEC), sul quale l’Italia è già in ritardo.

La burocrazia, le lobby delle fossili e una retrograda mentalità fossile stanno affossando la transizione energetica e allontanano quei traguardi ecologici di riduzione delle emissioni senza i quali il nostro pianeta è in serio rischio.

Gli aspetti dello sviluppo economico e la ripresa industriale del Paese, insieme ai livelli occupazionali da tenere alti, sono elementi centrali nella crescita di ogni economia; tuttavia, dobbiamo avere la lucidità per capire che ogni investimento nella direzione della transizione ecologica fatto ora porterà domani a mantenere quel livello industriale e occupazionale necessario a far sì che il nostro Paese possa svilupparsi nella direzione corretta.

Concedere oggi ulteriori ritardi nella transizione ecologica e nello sviluppo della mobilità sostenibile è un errore gravissimo che i nostri governanti non devono assolutamente compiere; pena la complicità con chi antepone gli interessi personali a quelli generali.

Il momento politico per la nostra economia è alquanto delicato e analogamente la rappresentanza politica stenta ad avere autorevolezza, anche alla luce della frammentazione delle parti politiche e dell’evoluzione continua e fluida dei partiti tradizionali verso movimenti più legati a consensi personali che programmatici.

È tuttavia indispensabile che sui temi trasversali e importanti come quelli della transizione ecologica i principali partiti esprimano in maniera chiara i loro programmi affinché la popolazione possa decidere di sostenerli sulla base di elementi oggettivi e di programmi chiari su argomenti così centrali come quelli relativi all’ambiente.

Ambientalismo non significa più difesa cieca della natura ma difesa dell’uomo per il tramite di uno sviluppo industriale sostenibile del Paese, nella direzione di una transizione ecologica che crei lavoro tramite l’innovazione e tramite la sostenibilità ambientale.

I grandi temi della politica economica sono ovviamente centrali, e lo resteranno; tuttavia, oggi la crisi climatica è arrivata a un livello tale da necessitare di tutta la nostra attenzione e del massimo impegno verso la risoluzione di questa grande sfida globale. Dobbiamo mettere al centro di ogni attività di sviluppo l’impegno verso la lotta ai mutamenti climatici e bisogna farlo con tempestività assoluta. Purtroppo, ci sono sempre meno tempo e competenze, quindi è necessario trovare degli interlocutori affidabili e credibili che possano mantenere la barra dritta nell’orientare le politiche di sviluppo nazionale verso un sistema produttivo che sia in grado di coniugare la crescita con la salvaguardia dell’ambiente.

Dobbiamo certamente far capire ai nostri governanti che è urgente cambiare le politiche dell’Italia per raggiungere questi obiettivi. L’unica, altra, alternativa è cambiare loro.