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LIBERIAMO L’ENERGIA DALLE PASTOIE BUROCRATICHE PER RIDURRE LA BOLLETTA ENERGETICA

Imperversa in questi giorni una polemica sul caro energia annunciato da Arera (Autorità per l’Energia) per i prossimi mesi, nei quali si stima un incremento del 30% del costo della bolletta elettrica e del 40% per quella gas.

Tali previsioni sono state prese da subito come elemento di discussione dalla stampa e come elemento di polemica dalla politica rispetto alla gestione energetica del nostro Paese.

Ad esempio, qualcuno ha ritenuto di utilizzare questo dato per sostenere la necessità di riavviare il discorso nucleare. Tale approccio risulta assai curioso visto che, da un lato, abbiamo avuto negli anni due referendum che ci hanno ben chiarito come gli italiani non vogliano tornare in quella direzione ma, dall’altro, ancor più interessante il fatto che si proponga come soluzione per ridurre i costi della bolletta elettrica la tecnologia al mondo più cara per produrre energia.

Qualcun altro, inoltre, ha ritenuto incautamente di accostare il rincaro dei costi dell’energia dei prossimi mesi alla transizione ecologica; questo, se possibile, è ancor più ridicolo del ragionamento sul nucleare appena fatto, in quanto, come noto, gli aumenti attesi sono determinati proprio dall’incremento delle materie prime, cioè il gas naturale, che è la principale causa di questa situazione.

L’aumento di questa materia prima, infatti, comporta a sua volta una ricaduta sui costi della produzione elettrica che, per una percentuale ancora rilevante, è fatta con le fonti fossili. Addirittura qualche giornale è arrivato a sostenere che la causa principale di tali rincari sarebbe dovuta all’aumento del costo della CO2 e, quindi, ancora una volta alla transizione ecologica.

Nulla di più falso poiché si sa che il costo della CO2 incide sulla bolletta in maniera assai limitata. Tra l’altro sarebbe opportuno segnalare che tale costo, anche se fosse più significativo, sarebbe corretto che venisse applicato a chi produce inquinando e non sul cliente finale che, ancora, non ha possibilità di scegliere il proprio fornitore.

A dare un contributo al dibattito in maniera autorevole e assolutamente referenziata è stato il Vice Presidente della Commissione UE Timmermans, il quale ha semplicemente richiamato ai fatti i vari soggetti che erano entrati in questa diatriba, dicendo di fare attenzione perché il costo della bolletta elettrica in Europa sta aumentando visto che non siamo stati in grado di completare la transizione energetica verso le rinnovabili, buttando via negli scorsi cinque anni un’occasione.

Oggi, dunque, paghiamo il nostro ritardo nel realizzare impianti rinnovabili con questo aumento dei costi.

Timmermans ha aggiunto che proprio per risolvere i possibili rincari e le oscillazioni del prezzo dell’energia elettrica è necessario e urgente procedere senza ulteriori indugi nel percorso tracciato della transizione energetica e del passaggio, quindi, alle fonti rinnovabili che sono oggi le più economiche e maggiormente stabili, in quanto non soggette all’aleatorietà della materia prima.

Anche nel nostro Paese il dibattito è stato surreale. Abbiamo visto sostenere tesi ridicole e a volte assolutamente fantasiose ma la realtà dei fatti è un’altra: invece di ragionare di nucleare, cattura e sequestro della CO2 o idrogeno bisognerebbe semplicemente rimuovere quegli ostacoli burocratici esistenti che non consentono la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili; siti che garantirebbero un’importante riduzione delle emissioni climalteranti, stabilizzando i prezzi dell’energia elettrica e riducendoli rispetto agli attuali.

Basti pensare che il costo dell’energia elettrica per l’anno in corso è stimato come media superiore ai 90 €/MWh, cioè un prezzo quasi del 50% più alto rispetto a quello di aggiudicazione delle aste per eolico e fotovoltaico (60 €/MWh). Immaginando, quindi, di realizzare quello che il nostro Governo nel Piano nazionale integrato energia clima ha posto come obiettivo al 2030, cioè raddoppiare la potenza dell’eolico e triplicare quella fotovoltaica, per contenere gli incrementi di costo dovuti all’aumento delle fonti fossili in maniera significativa e ridurre considerevolmente il prezzo della bolletta elettrica dei prossimi anni.

La cosa bella è che tutto questo si può ancora fare in maniera molto rapida, semplicemente intervenendo sui meccanismi autorizzativi delle fonti rinnovabili e introducendo quei criteri oggettivi e facilmente prevedibili di processi e percorsi in base ai quali vengano indicati, nelle aree dove gli impianti verrebbero proposti per la realizzazione, specifici interventi di mitigazione.

In particolare, il Ministero della Cultura, per il tramite dei Sovrintendenti, dovrebbe definire in maniera trasparente dei procedimenti che indichino quali tipi di mitigazione devono essere fatti per realizzare gli impianti eolici e fotovoltaici nelle zone dove vi siano dei vincoli paesaggistici o archeologici. Inoltre, il Governo dovrebbe chiarire, una volta per tutte, che nelle aree dove non vi siano dei vincoli preordinati nessun tipo di autorizzazione vincolante debba essere rilasciata e che nelle aree dove già vi siano degli impianti esistenti, qualora l’intervento proposto comporti una riduzione degli impatti, non si debba avere altro se non una certificazione dell’ente che dimostri la riduzione complessiva dell’impatto.

Questa riforma si rende necessaria soprattutto per il fatto che dal 2017 a oggi, in oltre 10 GW di progetti presentati alla Valutazione impatto ambientale, nessuno ha avuto il parere positivo da parte delle Soprintendenze.

Questo approccio aprioristicamente contrario a ogni iniziativa evidentemente deve essere superato in maniera decisa per consentire all’Italia di raggiungere gli obiettivi assunti e di garantire quella quantità di energia necessaria allo sviluppo industriale del Paese a prezzi economicamente convenienti e nel pieno rispetto dell’ambiente.