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Fino a quando potremo girarci e fingere di non vedere?

I sempre più frequenti eventi climatici estremi determinano un numero di vittime in rapida crescita, oltre a notevolissimi danni ambientali e a un aumento del rischio idrogeologico di un Paese come l’Italia, già estremamente fragile da questo punto di vista.

Non è tollerabile la lentezza che i nostri pubblici decisori stanno dimostrando nel mettere in campo azioni di contrasto a questi mali. Lo ripetiamo da anni: vittime di questi fenomeni sono principalmente le zone già in difficoltà in termini economici; i mutamenti climatici sono il più grande pericolo che l’umanità debba fronteggiare poiché dalla loro crescente violenza deriveranno danni per miliardi di euro ogni anno e un numero di morti esponenziale proprio in queste aree del pianeta più indifese.

Da molte parti arrivano grida d’allarme che restano inascoltate, con il rischio di aumentare  territori inospitali e migranti climatici. Questo fenomeno, purtroppo, secondo gli scienziati è destinato ad acuirsi nei prossimi anni, quando l’ulteriore peggioramento delle condizioni ambientali in molte parti del mondo inciderà inevitabilmente sullo spopolamento.

L’Italia, fortunatamente, è in una posizione geografica tra le meno colpite ma comunque oggetto di significativi mutamenti climatici che modificano le nostre abitudini di vita. Ad esempio, precipitazioni e ventosità si estremizzano con piogge più concentrate e velocità più elevate.

Tutto ciò ha delle conseguenze gravi: ricordiamo come nel 2018, sulle Dolomiti, venti con raffiche superiori a 190 km/h spazzarono via in poco tempo oltre 3.000 alberi; quelle bellissime foreste torneranno come prima in non meno di cento anni !

Altrettanto gravi sono le ripercussioni delle cosiddette “bombe d’acqua” che sempre più frequentemente si riversano sul territorio nazionale.

Se a questi problemi di carattere ambientale aggiungessimo le ancor più drammatiche conseguenze sulla vita dell’uomo dovremmo concordare tutti sulla necessità di un intervento rapido e teso a rimuovere, per quanto possibile, gli effetti dei mutamenti climatici in essere. Purtroppo, molti dei presidenti regionali, spesso in una lotta ottusa con il Governo centrale, definiscono dei criteri per bloccare lo sviluppo della decarbonizzazione favorendo così un peggioramento degli effetti dei cambiamenti del clima.

È ormai evidente a tutti che questi fenomeni siano violentemente in corso e le cause sono unanimemente identificate nell’innalzamento dei livelli di CO2 in atmosfera, dovuto in larghissima parte alle attività umane. Dunque, riuscire ridurre le emissioni di carbonio in atmosfera è il presupposto per rallentare, e magari un giorno fermare, il surriscaldamento globale, salvando milioni di vite.

Invertire il trend è estremamente complesso e mal si concilia con una politica miope che troppo spesso si concentra su obiettivi e tempi del mandato elettorale ricevuto. Avere una visione di medio-lungo periodo sarebbe indispensabile per poter contrastare efficacemente la più grande minaccia che il nostro mondo abbia mai dovuto fronteggiare.

Questo nemico può essere battuto solo se insieme comprenderemo che non ci possono essere vinti o vincitori, non ci devono essere maggiori o minori beneficiari ma tutti uniti dovremo combattere per salvare il nostro pianeta.

Dispiace vedere posizioni meno chiare in questo senso da parte di amministratori locali che nulla fanno in concreto per combattere e contrastare i mutamenti climatici. Non stiamo certo dicendo che l’azione di un singolo governatore o di un ministro e neppure di un intero Governo possa in tempi rapidi invertire la rotta ma certamente l’assenza di ogni tipo di iniziativa degna di nota fa allontanare di molto il traguardo finale.

In conclusione possiamo dire che oggi conosciamo bene quali siano i pericoli e quali siano le soluzioni e il non agire equivale a condannare la terra a un’inerzia pericolosa e non più inaccettabile che ci porterà a conseguenze tragiche.