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Le sfide e i traguardi dell’eolico al 2030

Il profondo mutamento del settore eolico in Italia ha portato l’ANEV a riformulare gli orizzonti di crescita e sviluppo di questa fonte, spostando gli obiettivi temporali al 2030 in linea con quanto sta emergendo nelle ultime proiezioni degli accordi di Parigi e della nuova Strategia energetica nazionale (Sen).

Si deve tenere conto di cambiamenti soprattutto tecnologici, basti pensare alle innovazioni nel settore off-shore, ma che seguono anche una deriva legislativa. Tutto ciò ha implicato un confronto per delineare un quadro veritiero di crescita del settore.

Alla fine del 2016 la potenza eolica istalla in Italia è risultata pari a circa 9.250 MW a fronte di un obiettivo assunto nella Sen al 2020 di 12.680 MW (di cui 680 MW da eolico off-shore), un disavanzo di oltre 3.000 MW nonostante l’eolico abbia dimostrato di essere la fonte rinnovabile più economica e con maggiore potenziale ancora disponibile. Il divario di potenza risulta difficilmente colmabile al 2020 visto soprattutto il quadro normativo attuale, basti pensare che ad oggi non ci sono disposizioni ministeriali per nuove procedure d’asta nonostante si registri un importante potenziale, autorizzato ma non realizzato a causa dell’esiguità dei contingenti di potenza messi a disposizione dai DM, pari a oltre 1.200 MW.

Eppure un’opportunità di sviluppo serio per questa fonte ci sarebbe eccome: lo studio ANEV, basato su dati anemometrici reali e partendo da presupposti di fattibilità, stima in 17.150 MW al 2030 il potenziale eolico, tra impianti minieolici (400 MW), off-shore (950 MW) e on-shore (15.800), senza considerare il necessario rinnovamento del parco esistente che potrebbe garantire il mantenimento dell’attuale produzione (che altrimenti andrà perduto) incrementandone l’efficienza per il sistema.

Per calcolare un possibile valore di riferimento sulla potenza installabile al 2030, oltre al potenziale anemologico dei diversi siti (con una velocità minima di 5,5 m/s per l’eolico on-shore e 6,5 m/s per l’off-shore a 70 metri di altezza), è stata verificata la presenza di determinati vincoli. Si è analizzata, ad esempio, la presenza di aree naturali protette, in particolare le aree marine protette istituite dal Ministero dell’Ambiente italiano e le aree della Rete Natura 2000 (siti di importanza comunitaria, zone di protezione speciale, ecc.), così come i vincoli ambientali, paesaggistici, archeologici e la superficie dell’area individuata. Per quanto riguarda il potenziale offshore, invece, è risultata rilevante la presenza di importanti rotte di navigazione, la distanza dalla costa (imponendo un valore minimo di 4 km dalla riva), la tipologia di fondali (fangoso e/o sabbioso) e la profondità (compresa tra un minimo di 10 e un massimo di 30 metri). Oltre a questi aspetti si è analizzata la possibilità di connessione alla rete elettrica nazionale, che nel caso di installazioni in mare potrebbe avvenire tramite elettrodotti situati nelle zone costiere.

La produzione complessiva annuale stimata a regime è risultata pari a 36,4 TWh, con benefici ambientali considerevoli, riassumibili in un risparmio di 50 milioni di barili di petrolio e 25 milioni di tonnellate di CO2 evitate. Importanti vantaggi coinvolgono anche il comparto occupazionale che è stato analizzato con l’ausilio della Uil: il settore eolico nel 2030 potrebbe occupare oltre 67.000 unità tra diretti e indotto, con importanti ripercussioni sulle zone dell’Italia meridionale e insulare.

Altro tema importante è quello dell’ammodernamento dei vecchi impianti. Nei prossimi 5 anni gli impianti che raggiungeranno l’obsolescenza e quindi usciranno dalla  vita utile saranno pari a circa 1,6 GW che, in assenza di interventi di rinnovamento, non consentiranno quindi all’Italia di sfruttare l’intero potenziale on-shore al 2030. Nel resto d’Europa, dove gli impianti eolici esistono da molti anni come in Germania, Spagna e Danimarca, esistono normative specifiche per l’allungamento della vita degli impianti, ovvero per la sostituzione degli aerogeneratori con altri di nuova concezione. La riduzione degli aerogeneratori potrebbe essere un risultato importante dal punto di vista energetico, paesaggistico, occupazionale, economico (i nuovi impianti necessiterebbero di incentivi assai più bassi) e ambientale. Inoltre, sotto il profilo tecnico, i nuovi aerogeneratori hanno significative evoluzioni tecnologiche da offrire sia da un punto di vista del rumore, sia da un punto di vista dei servizi di rete, che tanto importanti saranno nel breve e medio periodo per fare fronte al nuovo mercato elettrico che, si auspica, consentirà anche alle rinnovabili non programmabili di poter contribuire al funzionamento con l’offerta di servizi di rete che oggi sono preclusi a tali fonti.

Al riguardo uno studio eLeMeNS commissionato da ANEV delinea un quadro al 2030 su due scenari di sviluppo per l’eolico. Un primo a crescita zero, con nessuna nuova installazione e ammodernamento di vecchi impianti, e una quota di potenza finale pari a circa 7.000 MW per il progressivo smantellamento degli impianti a fine vita. Un secondo, invece, che consenta di raggiungere gli obiettivi di potenza definiti nello studio ANEV (17.150 MW) con una politica di supporto all’ammodernamento dei vecchi impianti. Tra i due scenari ci sarebbe un surplus di costi, per lo scenario di crescita, pari a 19 milioni di euro annui sul periodo 2018–2030 (240 milioni su tutto il periodo) ma con diversi benefici, il primo dei quali deriva dal risparmio per i consumatori elettrici dovuto all’effetto di riduzione del Pun che una maggiore produzione da fonte eolica è in grado di generare. Nel periodo 2018-2030 tale beneficio è pari a circa 6,6 miliardi di euro, di cui più di 3,9 miliardi di euro derivanti dalla produzione di nuova capacità eolica e 2,7 miliardi di euro per effetto del rinnovamento degli impianti esistenti.

Ulteriori benefici sono connessi al maggior gettito fiscale in termini incrementali (260 milioni di euro) e alle maggiori risorse destinate al territorio, vale a dire ai Comuni che ospitano gli impianti (290 milioni di euro). L’analisi Costi-Benefici sull’orizzonte 2018-2030 restituisce un risultato molto positivo, per un beneficio netto totale superiore a 6,9 miliardi di euro.