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L’internazionalizzazione dell’industria delle rinnovabili italiane: una scelta obbligata

Le industrie italiane del settore fotovoltaico, eolico, idroelettrico e delle altre rinnovabili lamentano negli ultimi anni una situazione di forte criticità, in cui l’inerzia, se non il vero e proprio contrasto, delle azioni di Governo e degli enti locali ha portato l’industria delle rinnovabili su un binario morto.

Si potrebbero citare a questo proposito gli interventi retroattivi che hanno fatto perdere credibilità al sistema Italia ma anche l’incombente rischio di esaurimento del contatore delle FER elettriche non fotovoltaiche: ad esso sono fatalmente appese le speranze degli operatori delle fonti di energia ad “accesso diretto”, in gran parte industrie italiane di piccole medie dimensioni, attive nella generazione distribuita, che da un anno e mezzo aspettano un decreto in grado di dare continuità al settore.

Più recentemente, poi, si è palesata la minaccia di eliminazione dell’esenzione del pagamento degli oneri di sistema sull’energia autoconsumata nel fotovoltaico, fatto che rischia di dare il colpo di grazia ad un settore ormai ridotto al lumicino. Tutti provvedimenti che confermano la mancanza di una vera strategia energetica da parte del nostro Governo, dopo gli illusori proclami di impegno sulle rinnovabili e l’efficienza energetica, all’indomani della recente Conferenza di Parigi.

In molte aree geografiche del mondo, invece, le energie rinnovabili vivono una stagione di crescita, stimolata dai programmi di promozione di queste nuove energie da parte dei Governi mondiali e da un maggiore interesse degli investitori finanziari e degli istituti di credito fortemente attratti dal portafoglio della green economy.

In Italia la conseguenza dello stallo del settore delle rinnovabili, sul sistema industriale, è stata una feroce selezione naturale degli operatori, considerato che molte imprese sono fallite o continuano a chiudere i battenti. Nell’ultimo lustro, gli occupati del settore sono passati da più di 100.000 a meno di 30.000 unità.

In questa desolante prospettiva di declino, fortunatamente restano in piedi aziende che, avendo perseguito uno sviluppo equilibrato ed investito in ricerca e innovazione, stanno rafforzandosi dal punto di vista dimensionale ed organizzativo, per poter affrontare la sfida dei mercati esteri. Per queste imprese, perde ormai importanza la classica distinzione tra paese Italia e resto del mondo, considerato che, nell’attuale contesto, il riferimento geografico è il mondo globalizzato.

In un mercato pensato su scala globale, ciò che conta sempre di più in tema di business, sono le competenze specialistiche, dove il travaso delle capacità tecnologiche e commerciali dai mercati maturi a quelli emergenti, che cominciano ad affrancarsi dalle fonti fossili, diventa un must imprescindibile.

Se è vero che le tecnologie italiane non sono seconde a nessuno quanto a innovazione e competenze ingegneristiche, le complessità legate alle regolamentazioni dei singoli paesi e alle diverse dinamiche di mercato, tipiche dei mercati esteri, si possono affrontare adeguatamente solo attraverso l’approfondita conoscenza delle logiche di funzionamento dei paesi stessi.

Tenuto conto che l’industria italiana delle rinnovabili è costituita prevalentemente da piccole medie imprese, è necessario a questo fine, oltre all’ovvia conoscenza del sistema Paese e del contesto competitivo, la scelta del giusto partner locale e il corretto dimensionamento dell’investimento, in termini di nuova capacità produttiva o commerciale, così da minimizzare i rischi di start up.

Chi ha compreso in anticipo le opportunità dei nuovi mercati si è mosso dotandosi di un’adeguata struttura organizzativa, senza però mai perdere di vista l’incognita delle decisioni politiche che influenzano, specie in paesi in via di sviluppo, il settore energetico, spesso drogato da fattori transitori e imprevedibili. La strada per chi avvia iniziative isolate è ancora  più ardua e rischiosa, soprattutto per quanto riguarda progetti totalmente slegati da un contesto di “filiera” o di “rete” del business di riferimento.

In questo senso, l’indirizzo fornito dalle politiche di promozione dei tradizionali strumenti di sostegno istituzionali (ICE, SACE, Camere di Commercio ecc.), non sempre possono essere sufficienti. La guida fornita dalle associazioni di categoria, sulla scorta di esperienze consolidate in diverse aree del mondo, può rappresentare un importante valore aggiunto, soprattutto quando riescono ad aggregare gli interessi dei singoli soggetti in una logica di rete.

Un esempio di iniziativa che vuole svilupparsi in una logica di stretta integrazione tra associazioni ed istituzioni è quello che si sta avviando in ambito confindustriale sotto la regia di ANIE Internazionalizzazione, ANIE Rinnovabili e CPEM, con focus sull’IRAN, individuato come primo importante paese target per la penetrazione delle tecnologie e dell’interesse degli investitori italiani, in tema di energie rinnovabili.

Si è scelto di partire dall’IRAN perché il Paese ha recentemente adottato una politica di sviluppo delle fonti rinnovabili. Cadute le sanzioni internazionali, si delineano in questo grande Paese interessanti prospettive di sviluppo per le imprese  italiane. Obiettivo di questo progetto è quello di organizzare entro la prossima primavera una missione di costruttori di impianti e componenti, interessati a utilizzare le enormi potenzialità di un Paese che si è posto l’ambizioso obiettivo di installare 10 GW di potenza da rinnovabili nei prossimi 10 anni, con il sostegno di un generoso piano di incentivazioni.

Nel corso del 2016 saranno esplorate le potenzialità di altri Paesi, più vicini all’Italia, di interesse per lo sviluppo internazionale delle aziende italiane di rinnovabili, come la Croazia e l’Albania, ma anche di paesi dell’Africa sub-Sahariana, dove, fino ad ora, la presenza di aziende italiane è stata solo marginale.

Sono i primi concreti passi di una strategia nuova dell’industria italiana delle rinnovabili che, se adeguatamente accompagnata, potrà assicurare nuove prospettive di crescita alle imprese del nostro Paese, in attesa che l’Italia riscopra davvero la necessità di puntare alle rinnovabili con strumenti stabili e duraturi.