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ITALIA: UN PAESE VERDE CHE NON HA IL CORAGGIO DI TAGLIARE IL PASSATO

 

Il nostro Paese è di fronte a un bivio che riguarda lo sviluppo industriale dei prossimi anni. Infatti, se da un lato c’è la prosecuzione delle politiche tradizionali di sostegno ai settori industriali, dall’altro c’è una strada più coraggiosa che tuttavia può rilanciare l’occupazione e l’innovazione in modo decisivo.

La tutela degli attuali comparti industriali è certamente un necessario e giusto impegno che ogni Governo deve avere, ma la trasformazione del mondo produttivo e con essa i nuovi settori dovrebbero ottenere molta più attenzione di quanto non riescano ad averne ancora oggi. Le nuove tecnologie dallo sviluppo vorticoso (dalle telecomunicazioni all’energia, dai trasporti ai nuovi materiali fino all’elettronica) riguardano comparti che devono essere rivisitati e guardati attraverso altri occhi poiché essi potranno dare ulteriori prospettive se declinati nell’ottica dell’innovazione attuale e futura.

In questa rivoluzione serve tuttavia un piano di azione pluriennale e trasparente che unisca la prospettiva di cambiamento alla solidità dell’industria tradizionale. In particolare, la trasformazione dovrebbe avere sempre come elemento centrale la riconversione dei soggetti tradizionali nelle nuove prospettive, spingendo quelli che maggiormente possono dare sostanza e concretezza al cambiamento verso nuovi innovativi traguardi.

Il supporto pubblico dovrebbe poi aiutare la ricerca e lo sviluppo con strumenti del tipo Industria 4.0 ma con più risorse e sguardo prospettico assai maggiore di quello attuale, in modo da stimolare il cambio di pelle dei campioni nazionali. Il connubio che ne deriverebbe potrebbe in questo modo unire da un lato la spinta industriale del nostro Paese verso l’innovazione, dall’altro garantire il sostegno agli attuali livelli di occupazione nei settori tradizionali.

Lo sforzo deve essere fatto in molti comparti, a cominciare da quelli nuovi dell’industria, quelli legati alla cosiddetta economia verde e che comprendono l’energia, la chimica, la mobilità e i servizi ambientali, ma certamente il maggior valore si potrà avere nelle riconversioni dei settori tradizionali che potranno dare molto più e a costi minori.

Purtroppo, però, la resistenza di quest’ultimi sta, nel nostro Paese, condizionando tale rivoluzione e bloccando quella transizione necessaria a dare massa critica alla green economy. Mancanza di strategia o scelte errate, il dato di fatto è che una riconversione dei colossi nazionali comunque vedrebbe tempistiche lunghe nella trasformazione delle attività e i tempi nell’adeguamento a politiche industriali sostenibili potrebbero non essere compatibili con le necessarie riconversioni ai fini di un mantenimento occupazionale adeguato.

Queste sono alcune delle tematiche che la nuova SEN deve trattare e, soprattutto, risolvere. Solo una visione industriale solida e che intercetti il cambiamento potrà dare all’Italia un futuro positivo di crescita e di sviluppo, mentre un arroccamento su posizioni di difesa degli attuali comparti industriali comporterà certamente un grave problema di ricollocazione delle maestranze che in prospettiva non saranno state riqualificate.

Serve in sostanza un grande piano di transizione dalla “old economy” alla “green economy” che passi dalla necessaria riqualificazione che, tramite la formazione mirata, potrebbe consentire una transizione meno dolorosa e soprattutto governata e socialmente sostenibile. Il futuro vedrà sempre più i settori richiamati come veicolo di sviluppo, crescita e occupazione e un Paese previdente deve presidiarli industrialmente, l’Italia ha la fortuna di essere già oggi un campione della green economy ma non riesce a comunicarlo e a valorizzarlo.

Leggendo l’Indice delle performance delle cinque maggiori economie europee, infatti, l’Italia si attesa al primo posto con un indice di 59,4, davanti a Germania (53,1), UK (50), Francia e Spagna (48,4). Tuttavia la percezione a livello mondiale è che sia invece al 29° posto, ben dopo i richiamati Paesi Europei. Inoltre l’Italia risulta essere il terzo Paese al mondo in quanto a società certificate Iso 14001 (Fonte “Green Economy Perspectives – Italy Outlook 2017” della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile). Infine, la Penisola è leader sulle fonti di energia rinnovabili, su rifiuti e riciclo e nella chimica verde, tuttavia le politiche nazionali di sostegno a questi settori sono spesso schizofreniche e mai prospettiche, cosa che ne sta impedendo la massimizzazione dei benefici industriali ed occupazionali.

Concludendo abbiamo tra le mani l’opportunità di rilanciare l’industria nazionale grazie alla transizione che stiamo vivendo con la necessaria lotta ai mutamenti climatici. Un supporto alle nuove realtà industriali dei settori “green” potrebbe facilmente valorizzare le esportazioni e irrobustire il tessuto industriale nazionale, così come la necessaria riconversione dei comparti tradizionali e delle principali realtà industriali nazionali verso l’innovazione e l’economia sostenibile garantirebbe una transizione socialmente sostenibile. Manca solo una visione chiara di politica industriale che indirizzi risorse e sforzi verso un futuro centrato sulle nuove tecnologie.