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Editoriale: L’energia della condivisione

Il fuoco, la carne ed il lievito condivisi. Il calore ed il cibo scambiati generosamente senza timori, anzi con felicità reciproca. Il rewind della mia memoria contadina mi ha fatto tornare in mente alcuni gesti consueti della mia infanzia trascorsa in un borgo rurale.

 Le mie nonne, Teresa e Maria, facevano il pane in casa. A Natale si uccideva il maiale cresciuto sotto casa. Il ferro da stiro non era elettrico ma funzionava a carbone. La vita trascorreva scandita dal duro lavoro nei campi ed in casa per portare avanti la famiglia. Ed in giro c’era tanta energia.

Grazie a Dio ed al lavoro – non è mai mancato a tavola un pezzo di pane con la minestra ed il companatico. Il pane, però, bisognava saperselo preparare da soli. Le nonne lo facevano una volta alla settimana. Preparavano la farina, l’acqua, il sale e poi mi spedivano dalla vicina a prendere il criscito la pasta lievitata con sopra tracciato il segno di croce. Quella pasta lievitata conteneva l’energia creativa della vita. Sviluppava una reazione chimica capace di trasformare l’acqua e la farina nel pane quotidiano.

Era l’ingrediente indispensabile, insieme all’olio di gomito, per sfornare il pane necessario a sfamare l’intera famiglia. Le nonne a loro volta serbavano dall’impasto un criscito; sarebbe servito il giorno dopo per un’altra famiglia impegnata a preparare il pane. E così la pasta lievitata passava di casa in casa, di famiglia in famiglia. Una solidarietà fornara nella quale nessuno temeva di rimaner contagiato da qualche virus del vicino o del parente. L’energia di quel gesto contribuiva alla sopravvivenza dell’intera comunità.

Ed era così anche per il fuoco. Non c’era bisogno di fiammiferi per accender il camino o prepar le braci per il ferro da stiro. Bastava mandare un bambino nella casa accanto, con una paletta, ed in un attimo arrivavano i carboni roventi.

E quando si uccideva il maiale era festa per tutto il vicinato in una giostra di pruvaruli, i primi assaggi della carne o delle interiora, che profumava l’aria di delizie scambiate da una casa all’altra.

Pruvaruli e criscito di mano in mano. Mai nessuno ha preso una malattia come invece succede nel nostro mondo supersterilizzato ma forse ben più lordo nell’anima… in attesa dell’ennesima febbre suina, bovina o aviaria.

Il mondo contadino era ricco di una straordinaria parsimonia energetica. Non si sprecava davvero nulla. Anche un alito di vento era prezioso per asciugare la biancheria stesa al sole, stagionare un salame. Ed i raggi del sole catturavano l’essenza dei pomodori, dei meloni gialli, dei peperoni messi ad essiccare. Quando li assaggiavi in pieno inverno erano pieni del calore profumato dell’estate.

Se penso a quanta energia viene sprecata ogni giorno nella politica, nelle imprese, nelle case e negli uffici pubblici quasi mi viene da piangere. Ma anche questa sarebbe energia sprecata.